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Eleonora d’Arborea, di Giuseppe Dessì

eleono4adattamento e regia di Sante Maurizi

In scena Marina Serra, Luca Dettori, Antonio Luvinetti, Giancarlo Vulpes, Emiliano Di Nolfo, Giancarlo Monticelli, Giuseppe Ligios, Elisabetta Dettori, Emma Gobbato.
Con la partecipazione del coro Lachesos di Mores.
Costumi e maschere di Daniela Cossiga
Allestimento di Toni Grandi.

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La vicenda, ambientata in Sardegna, ha inizio nell’autunno del 1383. Il Giudice Ugone e sua figlia Benedetta sono stati uccisi a Oristano dai sicari del Re d’Aragona. La sorella di Ugone, Eleonora, al sicuro nel castello di Monteleone, decide comunque di rientrare a Oristano. Qui il marito Branca Doria, di ritorno dalla sua Genova, le propone di andare a trattare col Re. Questi però trattiene prigioniero Doria a Cagliari. Un anno dopo, la guerra è in atto. Eleonora, tra una battaglia e l’altra, promulga il nuovo codice di leggi. Il Re muore di peste, e suo successore è Martino, che pare ben disposto verso gli Arborea. Ma nessuno vuole più credere agli Aragona: Eleonora delibera di continuare la guerra già vittoriosa. Ma a Cagliari scoppia la peste, e il morbo sconfigge i sardi. Eleonora in incognito assiste i malati in un lazzaretto.
A partire dal 1959 con “La giustizia” Dessì scrisse alcuni testi teatrali, definiti dallo scrittore “racconti drammatici”: “Qui non c’è guerra”, anch’esso del 1959, “La trincea” e “L’uomo al punto” (1961), e appunto “Eleonora d’ Arborea” (1964). In seguito Dessì definì le ragioni della forma teatrale adottata in quei lavori: “Per arrivare ad una oggettività ancora più sostanziale dalla quale non si possa tornare indietro. Il massimo dell’oggettività è il dialogo, raccontare attraverso il dialogo: far parlare i personaggi, rappresentarli, farli vedere muoversi, far vedere gli avvenimenti agli spettatori come si svolgono, senza intermediari, senza interventi”. La notazione di Dessì rispecchia una esigenza di oggettività che viene rispettata anche nella messinscena della Botte e il cilindro: perché il pubblico possa misurarsi “senza intermediari” con la scrittura di Dessì e con l’immagine quasi mitologica di Eleonora che si è sedimentata nei secoli.

Partecipa allo spettacolo il coro “Lachesos” di Mores, che esegue un repertorio di canti tradizionali polifonici sardi.